Il progetto Senhuile vicino al collasso. Un caso di “land grab” italo-senegalese

Il progetto Senhuile in Senegal è vicino al collasso. Avviato quattro anni fa investitori italiani e senegalesi, coinvolge migliaia di ettari di terre abitate da circa novemila persone, coltivatori e allevatori che perdono l’accesso a terre e fonti d’acqua per vivere: un classico caso di land grab, accaparramento di terre. Il progetto è stato contestato fin dal principio, come già riferito da questa rubrica. Intanto, sospetti di finanziamento illecito hanno scosso la credibilità della società Senhuile.

Ora un nuovo rapporto, preparato da ricercatori italiani e pubblicato dall’associazione Re:Common, dimostra come il progetto stesso sia vicino a collassare.

Riassumiamo. Il progetto è partito nel 2012 nella regione del Ndiaël, sancito da due decreti del presidente della repubblica senegalese Abdulaye Wade: il primo declassava una area naturale protetta, togliendo i vincoli ambientali. Il secondo concedeva 26mila ettari di questo territorio (ora definito di «pubblico interesse») alla società Senhuile SA, di cui il gruppo Tampieri di Ravenna è proprietario al 51%, per coltivarvi girasole e produrre olio.

Ora gli investitori affermano di essersi assicurati i diritti per 45mila ettari di terre, sebbene la compagnia ne abbia coltivato solo una piccola porzione. Infatti rivendicano ancora i circa 20mila avuti in un primo tempo in un’altra zona, l’area di Fanaye (allora la società si chiamava Senethanol e voleva coltivare patata dolce per produrre etanolo). Quella concessione però sospesa nel 2011 dopo una rivolta della popolazione locale e la morte di due manifestanti: fu allora che il governo decise di spostare il progetto nel Ndiaël.

 Anche qui però ci sono state contestazioni e proteste. La vita del Ndiaël ruota attorno al lago de Guiers, la riserva d’acqua più importante della zona e forse di tutto il Senegal (è una «zona umida» protetta); il bestiame circola lungo rotte tradizionali che conducono al lago, la cui acqua permette anche una produzione agricola su piccola scala. Tagliati gli accessi, allevatori e coltivatori locali sono nella quasi impossibilità di sopravvivere.

Ecco i punti chiave del nuovo rapporto:

– La società ha licenziato il suo amministratore delegato, Benjamin Dummai, poi arrestato per appropriazione indebita. Questi però ha fatto causa alla Senhuile per 14 capi di imputazione, tra cui l’aumento fittizio del capitale sociale a fini fraudolenti e il riciclaggio di denaro. La causa è in corso. («Tra Dummai e la Tampieri c’è stato uno scambio di accuse che getta ombre inquietanti sia sulla vecchia gestione del progetto che su quella attuale. Tampieri finora ha speso almeno 30 milioni di euro, eppure rischia anche l’immagine dell’azienda», dice Lorenzo Bagnoli, giornalista free lance del Investigative Reporting Project Italy e uno degli autori del rapporto).

– Nelle ultime settimane gli investitori italiani hanno messo in chiaro che le loro proprietà terriere senegalesi ammontano a 45mila ettari (come spiegato si tratta del Ndiaël, più Fanaye, più 5mila ettari che dicono di aver acquisito di recente in Fass Ngom). Eppure l’anno scorso la società è riuscita a coltivare solo 1.500 ettari, sollevando seri interrogativi sul perché le autorità abbiano concesso loro tanta terra. Circolano voci insistenti secondo cui il progetto potrebbe essere “girato” a un’importante società degli Stati Uniti o dell’Africa Occidentale.

– Nell’ultimo anno Tampieri ha puntato molto sulle pubbliche relazioni per ingraziarsi gli abitanti dei villaggi interessati dal progetto (si chiama “responsabilità sociale d’impresa”). Eppure gli incontri sul campo con le comunità mostrano una forte contraddizione tra ciò che dice l’azienda e l’esperienza delle persone.

– Il mese scorso un pastore di 16 anni è annegato nel tentativo di attraversare un canale di irrigazione realizzato dalla Senhuile. La sua famiglia si prepara a sporgere denuncia. Questo si aggiunge a conflitti sindacali (la società ha licenziato decine di lavoratori), e alle rimostranze degli allevatori e coltivatori liìocali: i 37 villaggi dell’area interessata chiedono di porre fine al progetto.

[Il rapporto Senegal. Come si accaparra la terra. La saga Senhuile-Senethanol continua è stato prodotto in collaborazione con il Collectif pour la Défense du Ndiaël, Grain, l’Investigative Reporting Project Italy (Irpi), l’associazione Sunugal, e il collettivo Walking on the South (Wots?).  Si può scaricare qui]

@fortimar