Malaterra. Così hanno avvelenato l’Italia

A Brescia ci sono giardinetti dove i bambini non possono giocare. I cartelli sono chiari: non buttarsi sull’erba, non raccogliere fiori e foglie, non giocare con la terra e non scavarla. Il motivo è che i terreni sono contaminati da diossine e Pcb, policlorobifenili, sostanze estremamente tossiche e cancerogene disperse da una vecchia fabbrica chimica, la
Caffaro.  A Taranto invece quando tira molto vento i bambini di certe zone non vanno a scuola. Li chiamano wind day: il vento solleva polvere dai mucchi di ferro e carbone accatastati nelle acciaierie ex Ilva, ora ArcelorMittal, formando nuvole rossastre che avvolgono la città; allora scatta l’allerta e nei quartieri vicini allo stabilimento le scuole restano chiuse. A Portuscuso, in Sardegna, i bambini a scuola ci vanno: ma hanno nel sangue il piombo rilasciato dalle fabbriche di Portovesme. Tra Priolo e Augusta, nella Sicilia orientale, gli abitanti vanno ad attingere acqua ai pozzi per annaffiare l’orto, ma tirano su gasolio: la falda idrica è coperta dai residui del vicino petrolchimico [nella foto].

Per decenni territorio, ambiente, risorse naturali – acqua, aria e tutto il resto – sono stati considerati beni a disposizione dello sviluppo industriale. Le stesse industrie che nel corso del Novecento hanno portato lavoro e hanno trasformato un paese per lo più rurale in una nazione industrializzata, hanno spesso inquinato profondamente il territorio. Per decenni i reflui sono finiti nei terreni o nei corsi d’acqua, sono stati sepolti in discariche più o meno selvagge. Si sono accumulati nei terreni, hanno contaminato fiumi e falde idriche: oggi conviviamo con la diossina, il piombo, il Pcb nei giardinetti o gli idrocarburi nelle falde, e quasi non ce ne rendiamo più conto.

Oggi l’Italia è disseminata di siti inquinati: zone di emergenza ambientale, “siti di interesse nazionale” per la bonifica. Monumenti all’inquinamento e alla de-industrializzazione. In questo libro racconto la storia di questi territori, attraverso la penisola da nord a sud: le bonifiche mancate, la mobilitazione dei cittadini, l’emergere di una coscienza ambientalista, lo scontro tra le ragioni del lavoro e quelle della salute.

Malaterra. Così hanno avvelenato l’Italia. Laterza, Bari, settembre 2018.

@fortimar

One thought on “Malaterra. Così hanno avvelenato l’Italia

  1. Grazie Marina Forti, per le tue ricerche documentate e così ben raccontate. Dobbiamo renderci conto di come stanno le cose, per trovare il modo di cambiarle.

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