Cambogia/2: la Banca Mondiale finanzia terre “sociali”. Ma c’è il trucco

Per la Banca Mondiale è stato un successo: il governo della Cambogia ha assegnato appezzamenti di terra a oltre 3.000 famiglie nullatenenti nel quadro di un programma pilota di «concessioni sociali della terra» completato nel marzo scorso. Un’opportunità per uscire dalla povertà, creare reddito, conquistare la «sicurezza alimentare». Magnifico. Ma perché allora una delle principali organizzazioni cambogiane per i diritti umani dice che è tutta un’illusione, e che la vita di quelle famiglie è cambiata poco o nulla?

Vediamo. Il “Land allocation for social and economic development project”, o Lased (progetto pilota di «allocazione di terra per lo sviluppo economico e sociale»), è stato finanziato dalla Banca Mondiale e dall’agenzia tedesca per gli aiuti allo sviluppo Giz con 12,7 milioni di dollari. Avviato nel 2008, aveva lo scopo dichiarato di distribuire ai poveri e senza-terra appezzamenti di terreni da coltivare o per abitarvi; si è concluso nel marzo 2015.

Le terre sono state distribuite in otto concessioni distribuite in tre province del paese (Kompong Cham, Kompong Tom e Kratie). La Banca Mondiale fa un bilancio molto positivo: oltre 14mila ettari di “terra pubblica di stato” sono stati ridefiniti “terra privata di stato” e quindi distribuiti; 3.148 famiglie hanno avuto il loro appezzamento di terra, e quasi tutte vi si sono già trasferite. Nel consuntivo la Banca afferma inoltre che presso queste nuove concessioni lo stato ha costruito 7 scuole, 3 ambulatori, quasi 200 chilometri di strade, 223 pozzi, migliaia di latrine. Si aggiunga che altre 250 famiglie hanno avuto terre sotto un progetto parallelo, con ulteriori opere quali scuole, ambulatori, strade, ponti.

Il punto è che tra questi numeri e la realtà sul terreno c’è una bella differenza – almeno a leggere il rapporto messo insieme da Licadho, gruppo cambogiano per i diritti umani (On stony ground: a look into social land concessions, pubblicato il 24 giugno 2015). Qui apprendiamo che almeno 7 degli otto siti di «concessione sociale» sono terreo troppo sabbiose o troppo rocciose per essere coltivate, oppure sono coperte da foreste – e servirebbero soldi e macchinari per disboscare dei pezzi da coltivare, ammesso che poi il terreno si riveli adatto. Oppure sono terre contese, oppure sono remote e senza le infrastrutture, scuole e ospedali promessi.

«Molti villaggi in sette degli otto siti riferiscono di poter fare un uso molto limitato degli appezzamenti agricoli ricevuti, e così non hanno tratto vantaggi significativi in termini di sicurezza alimentare», si legge. Licadho precisa che in almeno due casi il governo era informato delle condizioni avverse delle terre fin dal 2006, cioè ben prima di includerle tra quelle da distribuire.

Il risultato è che alcune famiglie hanno rinunciato al terreno della concessione sociale, o semplicemente non ci sono andate a vivere. Tra l’altro questo significa che perderanno anche il diritto al titolo di proprietà: una famiglia deve occupare le terre di «concessione sociale» per almeno cinque anni consecutivi per averne la proprietà.

Né la Banca mondiale, né il Giz tedesco hanno risposto alle critiche avanzate del gruppo cambogiano per i diritti umani. Il Ministero per la terra del governo cambogiano dichiara di non essere a conoscenza di qualsivoglia problema (al Cambodia Daily, 25 giugno). Nel suo sito, la Banca Mondiale cita esempi di famigliole felici che ora possono coltivare, mandare i bambini a scuola, costruire un negozietto rurale dove possono racimolare un piccolo reddito. Facile: qualcuno avrà di sicuro tratto vantaggio dal programma di concessione sociale – il punto è se il programma ha funzionato per tutti, o almeno per la maggioranza. Nel rapporto di Licadho si leggono deine di esempi contrari.

Sulla base del suo bilancio positivo però la Banca Mondiale si prepara a finanziare una seconda fase del programma, per complessivi 27 milioni di dollari. E questo significa riaprire i suoi finanziamenti alla Cambogia, congelati nel 2011 in segno di protesta per come il Ministero della terra ha distribuito i titoli di proprietà, e in particolare per lo sgombero forzato di oltre 3.000 famiglie dal sobborgo di Boeung Kak, a nord di Phnom Penh. Vicenda in cui però la Banca ha la sua parte di responsabilità, come abbiamo già visto.

In conclusione: ai “donatori” serve poter dire che la distribuzione sociale di terre funziona, così possono assolvere il governo della Cambogia e proseguire i programmi di aiuti (che giustificano la permanenza stessa della Banca in Cambogia). Secondo Licadho, stanno ingannando se stessi e i cittadini cambogiani.

@fortimar