Fukushima update: il primo caso di leucemia ufficialmente collegato al disastro atomico

Per la prima volta il governo giapponese riconosce un legame diretto tra un caso di leucemia e il più grave disastro dell’industria nucleare civile degli ultimi trent’anni. Il governo ha infatti accordato un risarcimento a un uomo che ha lavorato alla centrale di Fukushima Daiichi dopo il disastro dell’11 marzo 2011, e che poi ha sviluppato una leucemia.

Un rappresentante del ministero della sanità giapponese ha dichiarato che il lavoratore ha sviluppato il tumore dopo aver prestato servizio alla centrale tra l’ottobre 2012 e il dicembre 2013, per costruire le opere di contenimento e protezione attorno ai reattori danneggiati.

Si tratta cioè di una delle migliaia di persone che furono mandati a «mettere in sicurezza» la centrale. Il terremoto dell’11 marzo 2011, seguito da una gigantesca onda di tsunami, aveva messo fuori uso l’impianto di raffreddamento della centrale, innescando una catena di eventi che ha portato al meltdown di tre reattori. Ci vollero mesi prima che i tecnici riuscissero a stabilizzare la situazione: da allora oltre 44 mila persone si sono alternate al lavoro per raffreddare l’impianto della Tepco (Tokyo Electric Power Company).

Tutt’ora, ogni singolo giorno circa 7.000 lavoratori (dipendenti della Tepco e soprattutto lavoratori a contratto) sono al lavoro nella centrale di Fukushima Daiichi, informa l’azienda: per i lavori di contenimento, confinare l’acqua radioattiva, al momento per rimuovere le macerie dai tre reattori fusi dopo il disastro. La sicurezza di quei lavoratori è stata oggetto di accuse; si tratta spesso di dipendenti di agenzie in appalto, e l’anno scorso era emerso che in mancanza di lavoratori specializzati sono state mandate allo sbaraglio anche persone senza le necessarie conoscenze del caso.

La diagnosi che oggi arriva a fare notizia risale al gennaio 2014, riferisce il Washington Post citando Asahi Shimbun, il più grande quotidiano giapponese. Si tratta di «leucemia mieloide acuta», cioè un tumore del sangue e del midollo spinale, dove “acuta” significa che è in rapida progressione. Il ministero della sanità è intervenuto ora a confermare che si tratta proprio di una «malattia professionale», dopo che la vittima aveva avviato una procedura per chiedere risarcimenti. Il ministero precisa che il lavoratore ha ricevuto 15,7 milisievert (mSv) di radiazioni durante il suo lavoro a Fukushima Daiichi, e che la malattia può essere collegata all’esposizione a radiazioni a partire da 5 mSv in un anno.

La Tepco spende molte parole sul suo sito web per dire che la sicurezza dei lavoratori è una priorità: così apprendiamo che lo scorso marzo l’azienda ha, bontà sua, costruito un ostello dove i lavoratori possono riposarsi al chiuso e mangiare pasti caldi nelle ore di riposo (ovvero, per ben quattro anni dopo il disastro gli addetti non avevano a disposizione neppure questa minimo servizio!).

Leggiamo anche che Tepco fa una differenza tra dipendenti e «collaboratori» (i dipendenti delle cooperating companies, come sono pudicamente chiamati i lavoratori a contratto, in appalto), e che i questi ricevono dosi di radiazioni più alte.

Tepco afferma di aver speso circa 430 miliardi di yen (3,6 miliardi di dollari) al contenimento dell’impianto disastrato, al 30 giugno 2015.

 

@fortimar