Keystone XL, il veto di Obama ferma l’oleodotto

Dopo anni di battaglie, negli Stati uniti il movimento contro l’oleodotto Keystone XL festeggia. Infatti martedì il presidente Barack Obama ha messo il veto sulla legge, appena approvata dal Congresso, che autorizza la costruzione del più controverso oleodotto mai progettato nel nord America. E’ la terza volta in assoluto che Obama usa il potere di veto presidenziale, un gesto eccezionale: e ha dichiarato di averlo fatto in considerazione dei «nostri interessi nazionali – inclusa la nostra salute, sicurezza e ambiente».

L’oleodotto Keystone XL è una conduttura di 1.900 chilometri pensata per trasportare il petrolio estratto dalle sabbie bituminose del Canada occidentale (stato di Alberta) fino allo snodo di Steele City, in Nebraska, da cui prosegue con un oleodotto già esistente fino al Texas e una diramazione verso l’illinois. I punti di partenza e di arrivo sono quelli dell’oleodotto Keystone, già costruito (fu approvato durante la presidenza di George W. Bush nel 2008). Il nuovo tracciato però “taglia” il percorso e soprattutto aumenta la portata: oggi il Canada invia circa 550 mila barili al giorno di bitume attraverso l’oleodotto già esistente; il nuovo Keystone XL permetterebbe di aumentare a 830 mila barili al giorno.

Keystone XL è un progetto privato (spesa prevista circa 8 miliardi di dollari), finanziato da una compagnia energetica canadese, TransCanada, e da altre aziende. Per i produttori canadesi è indispensabile, visto che il bacino dell’Alberta non ha accesso al mare – né a grandi impianti di raffinazione come quelli Usa, che però sono concentrati sulla costa del Golfo del Messico.

Il progetto però ha suscitato grandi opposizioni, e non solo tra gli ambientalisti. I primi a mobilitarsi sono stati farmers e ranchers del Nebraska, preoccupati dall’inquinamento delle terre che coltivano, e le organizzazioni dei nativi d’America. Poi poco a poco le opposizioni si sono estese a scienziati del clima, attivisti ambientali, studenti, sindacalisti.

Sul lato canadese, il progetto Keystone XL è stato approvato nel 2010. Ma non sul lato Usa, dove si sono invece moltiplicate le proteste, i sit-in in cui decine di attivisti si facevano arrestare, le marce, gli appelli. Trattandosi di un’infrastruttura internazionale è necessaria l’approvazione della Casa Bianca: e di fronte a tanta pressione pubblica il presidente Obama non ha dato il nullaosta. Invece, ha chiesto ulteriori valutazioni di impatto ambientale. Nel 2012 ha ordinato una nuova revisione del progetto, e poi sospeso l’approvazione.

Insomma: il Congresso ha fatto una evidente provocazione politica approvando una legge per mandare avanti il progetto Keystone XL. Significava scavalcare i poteri presidenziali, ignorare la revisione in corso (e il parere negativo dell’Epa, l’Ente federale di protezione ambientale). Per questo Obama aveva già annunciato che avrebbe messo il veto su una legge simile, e ha mantenuto la parola.

Giorni fa oltre un centinaio tra artisti, attori, leader della First Nation (i nativi), ambientalisti e intellettuali – tra cui Naomi Klein, Laura Poitras, Rebecca Solnit e James Hansen tra gi altri – hanno inviato una lettera al presidente Obama per chiedere che respinga definitivamente il progetto Keystone XL. La lettera fa notare che tutti gli argomenti portati a favore dell’oleodotto – i posti di lavoro, l’indipendenza energetica, l’inevitabilità – sono stati confutati da numerosi studi, e che «i beneficiari del progetto saranno solo un piccolo numero di ricche compagnie petrolifere mentre le nostre famiglie sopporteranno tutti i rischi».

Il Congresso tornerà alla carica, ha commentato il portavoce della Camera dei rappresentanti, John Boehner, un repubblicano dell’Ohio:  «Il presidente si è troppo legato all’estremismo ambientalista», ha detto. Boehner cita le stime del Dipartimento di stato, per cui l’oleodotto creerà 42mila posti di lavoro. Non dice però che quel numero riguarda solo la costruzione: dopo, l’oleodotto richiederà appena 35 dipendenti a tempo pieno e una quindicina di addetti alla manutenzione.

La senatrice Barbara Boxer, democratica (della California), ha invece applaudito alla decisione di Obama: l’oleodotto Keystone «non fa nulla per il nostro paese e tutto per gli interessi del Canada», ha detto. «Diversi studi hanno mostrato che il progetto comporta grandi rischi di sversamenti di petrolio, come quelli avvenuti in Arkansas e Michigan, provocando inquinamento e gravi malattie, oltre a un aumento di emissioni di anidride carbonica, la principale causa del cambiamento del clima».

Martedì sera centinaia di persone hanno festegiato nel parco Lafayette di Washington, davanti alla Casa Bianca: c’erano le organizzazioni 350.org, Indigenous Environmental Network, Natural Resources Defense Council, Energy Action Coalition, Sierra Club, Greenpeace, e Friends of the Earth Usa.

Ma la battaglia non è conclusa. I repubblicani al Senato magari contano su una futura amministrazione più simpatetica con gli interessi di Big Oil.